Niki Lauda: 40 anni dall'incidente sull'Inferno Verde
Quel 1 agosto del 1976 è ormai indelebile nella memoria di tutti gli appassionati di Formula 1 ed i segni sono ancora chiaramente visibili sul volto di Niki Lauda.
Si correva il gran premio di Germania sul lunghissimo e temibile Nurburgring. La Nordschleife aveva infatti visto morire ben 131 piloti in meno di 50 anni di corse, nelle categorie più disparate.
Un presentimento aveva imposto al pilota austriaco di chiedere l'annullamento della corsa durante il consueto briefing pre-gara, temendo per le condizioni dell'asfalto, troppo scivoloso a causa della pioggia caduta copiosamente poco prima della gara. Purtroppo la maggior parte dei concorrenti votò per correre, e la gara ebbe inizio.
Alla partenza tutti montarono gomme da bagnato, ma dopo il primo lunghissimo giro, l'asciugarsi della pista suggerì l'utilizzo di pneumatici da asciutto.
Durante la seconda tornata Lauda, all'uscita della Bergwerk, perse il controllo della sua Ferrari 312 T2 andando a sbattere, per poi essere centrato dalla Surtees di Brett Lunger, prendendo immediatamente fuoco.
La sfortuna volle che il tutto accadesse in una zona della pista sguarnita di commissari; solo l'intervento di quattro eroi, i colleghi Harald Ertl, Arturo Merzario, Guy Edwards e lo stesso Lunger (nella foto, da sinistra a destra) salvarono l'austriaco dalle lamiere.
Si correva il gran premio di Germania sul lunghissimo e temibile Nurburgring. La Nordschleife aveva infatti visto morire ben 131 piloti in meno di 50 anni di corse, nelle categorie più disparate.
Un presentimento aveva imposto al pilota austriaco di chiedere l'annullamento della corsa durante il consueto briefing pre-gara, temendo per le condizioni dell'asfalto, troppo scivoloso a causa della pioggia caduta copiosamente poco prima della gara. Purtroppo la maggior parte dei concorrenti votò per correre, e la gara ebbe inizio.
Alla partenza tutti montarono gomme da bagnato, ma dopo il primo lunghissimo giro, l'asciugarsi della pista suggerì l'utilizzo di pneumatici da asciutto.
Durante la seconda tornata Lauda, all'uscita della Bergwerk, perse il controllo della sua Ferrari 312 T2 andando a sbattere, per poi essere centrato dalla Surtees di Brett Lunger, prendendo immediatamente fuoco.
La sfortuna volle che il tutto accadesse in una zona della pista sguarnita di commissari; solo l'intervento di quattro eroi, i colleghi Harald Ertl, Arturo Merzario, Guy Edwards e lo stesso Lunger (nella foto, da sinistra a destra) salvarono l'austriaco dalle lamiere.
A causa della rottura del casco le fiamme sfigurarono il volto del pilota, ma i danni più gravi li ebbe ai polmoni a causa delle esalazioni di magnesio e dell'altissima temperatura dei fumi.
Trasportato immediatamente all'ospedale di Mannheimm, Lauda lottò per ore tra la vita e la morte, riuscendo fortunatamente a scamparla.
Tenacia e forza di volontà riportarono il pilota in pista al gran premio d'Italia, solo 42 giorni dopo quel terribile incidente, conquistando un quarto posto valido come una vittoria.
L'austriaco concluse la stagione testa a testa con James Hunt, regalandogli il mondiale con il ritiro al Fuji, l'ultima gara del campionato. La scelta fu dovuta di nuovo alle condizioni della pista, sommersa sotto la pioggia che impediva di vedere ad un palmo dal naso.
Non per paura, ma per prudenza, Lauda scelse di abbandonare la gara per tenersi stretta la propria vita.
40 anni dopo, allo scorso gran premio di Germania, l'ora presidente non esecutivo della Mercedes in Formula 1, ha avuto l'occasione di incontrare il medico che lo aveva soccorso all'arrivo in ospedale e dichiara: "Per la prima volta in tutti questi anni, gli ho chiesto in che condizioni arrivai in ospedale. Mi ha risposto con una smorfia, aggiungendo: il rischio di morte era del 99%. Direi che sono stato fortunato. Da quel giorno, non ho mai più avuto paura, neanche all’ultima gara del Fuji. In quell’occasione mi ritirai perché non c’erano le condizioni per correre. Se ne sono pentito? No, la mia vita era più importante"
Qui sotto una clip del film Rush, che racconta la vita del pilota, dall'inizio della carriera fino alla fine del campionato 1976.
Matteo Pedetti
Trasportato immediatamente all'ospedale di Mannheimm, Lauda lottò per ore tra la vita e la morte, riuscendo fortunatamente a scamparla.
Tenacia e forza di volontà riportarono il pilota in pista al gran premio d'Italia, solo 42 giorni dopo quel terribile incidente, conquistando un quarto posto valido come una vittoria.
L'austriaco concluse la stagione testa a testa con James Hunt, regalandogli il mondiale con il ritiro al Fuji, l'ultima gara del campionato. La scelta fu dovuta di nuovo alle condizioni della pista, sommersa sotto la pioggia che impediva di vedere ad un palmo dal naso.
Non per paura, ma per prudenza, Lauda scelse di abbandonare la gara per tenersi stretta la propria vita.
40 anni dopo, allo scorso gran premio di Germania, l'ora presidente non esecutivo della Mercedes in Formula 1, ha avuto l'occasione di incontrare il medico che lo aveva soccorso all'arrivo in ospedale e dichiara: "Per la prima volta in tutti questi anni, gli ho chiesto in che condizioni arrivai in ospedale. Mi ha risposto con una smorfia, aggiungendo: il rischio di morte era del 99%. Direi che sono stato fortunato. Da quel giorno, non ho mai più avuto paura, neanche all’ultima gara del Fuji. In quell’occasione mi ritirai perché non c’erano le condizioni per correre. Se ne sono pentito? No, la mia vita era più importante"
Qui sotto una clip del film Rush, che racconta la vita del pilota, dall'inizio della carriera fino alla fine del campionato 1976.
Matteo Pedetti