ROMANO ARTIOLI ED IL DISEGNO PER FAR FALLIRE LA SUA BUGATTI
Non tutti sanno che il marchio Bugatti, famoso per le sue auto sportive e lussuose, è più volte passato di mano tra diversi proprietari.
Nata nel 1909 in Francia ad opera dell'italiano Ettore Bugatti, la casa è rapidamente cresciuta diventando famosa in tutto il mondo; la dura crisi che subì dopo la seconda guerra mondiale, nascose il tanto fortunato marchio nell'oblio dopo l'acquisizione dell'azienda iberica Hispano-Suiza; arrivò però nel 1987 un imprenditore mantovano, Romano Artioli, che, intenzionato a rilanciare lo storico marchio, investí più di 100 miliardi di lire per costruire una nuova, rivoluzionaria vettura che prese il nome di EB 110.
La nuova Bugatti riprese vita nello stabilimento di Campogalliano, nel mezzo della terra dei motori italiana, l'Emilia-Romagna.
Purtroppo il mastodontico investimento di Artioli disattese le aspettative, portando alla chiusura nel 1995.
Ma Artioli, oggi 84enne, racconta la sua versione sul fallimento.
Innamorato dei motori fin da ragazzino, l'imprenditore capì che la storia della Bugatti non poteva fermarsi agli anni 50 e decise di essere lui il fautore del futuro del marchio. Costruì così una squadra di tecnici ed ingegneri capaci di progettare un'auto degna della strada già segnata molti anni prima in Francia. La scelta di aprire lo stabilimento a Campogalliano non convinceva Artioli fin dal principio, ma il suo team decise per lui, mettendo in strada nel 1991 l'unico capolavoro del periodo italiano di Bugatti.
Si chiamava EB 110, una vettura all'avanguardia in tutto, con un telaio completamente in carbonio ed un motore a 12 cilindri da 3,5 litri con 5 valvole per cilindro capace di erogare 560 cavalli.
Ma l'auto non ebbe il successo sperato e nel 1995 si chiuse la produzione, insieme allo stabilimento.
Nel documentario "The Forgotten Supercar" del canale svizzero Kidston TV Artioli racconta di un sabotaggio vero e proprio, organizzato nei minimi particolari.
Gli ordini, dopo un iniziale successo, iniziarono a calare; ma la colpa non era del mercato, bensì di una "talpa" che si premurava di metterli da parte.
Anche alcuni fornitori vennero corrotti o intimiditi, affinché inviassero parti mal funzionanti o smettessero di produrre per la Bugatti Automobili. "Una banda che la mafia è una squadra di boy scout in confronto"
Fortuna vuole che un gruppo imponente come Volkswagen abbia riconosciuto il potenziale del marchio, acquistandolo per riportarlo nell'Olimpo delle Supercar.
Il video dura circa 20 minuti, ma ne vale veramente la pena!
Nata nel 1909 in Francia ad opera dell'italiano Ettore Bugatti, la casa è rapidamente cresciuta diventando famosa in tutto il mondo; la dura crisi che subì dopo la seconda guerra mondiale, nascose il tanto fortunato marchio nell'oblio dopo l'acquisizione dell'azienda iberica Hispano-Suiza; arrivò però nel 1987 un imprenditore mantovano, Romano Artioli, che, intenzionato a rilanciare lo storico marchio, investí più di 100 miliardi di lire per costruire una nuova, rivoluzionaria vettura che prese il nome di EB 110.
La nuova Bugatti riprese vita nello stabilimento di Campogalliano, nel mezzo della terra dei motori italiana, l'Emilia-Romagna.
Purtroppo il mastodontico investimento di Artioli disattese le aspettative, portando alla chiusura nel 1995.
Ma Artioli, oggi 84enne, racconta la sua versione sul fallimento.
Innamorato dei motori fin da ragazzino, l'imprenditore capì che la storia della Bugatti non poteva fermarsi agli anni 50 e decise di essere lui il fautore del futuro del marchio. Costruì così una squadra di tecnici ed ingegneri capaci di progettare un'auto degna della strada già segnata molti anni prima in Francia. La scelta di aprire lo stabilimento a Campogalliano non convinceva Artioli fin dal principio, ma il suo team decise per lui, mettendo in strada nel 1991 l'unico capolavoro del periodo italiano di Bugatti.
Si chiamava EB 110, una vettura all'avanguardia in tutto, con un telaio completamente in carbonio ed un motore a 12 cilindri da 3,5 litri con 5 valvole per cilindro capace di erogare 560 cavalli.
Ma l'auto non ebbe il successo sperato e nel 1995 si chiuse la produzione, insieme allo stabilimento.
Nel documentario "The Forgotten Supercar" del canale svizzero Kidston TV Artioli racconta di un sabotaggio vero e proprio, organizzato nei minimi particolari.
Gli ordini, dopo un iniziale successo, iniziarono a calare; ma la colpa non era del mercato, bensì di una "talpa" che si premurava di metterli da parte.
Anche alcuni fornitori vennero corrotti o intimiditi, affinché inviassero parti mal funzionanti o smettessero di produrre per la Bugatti Automobili. "Una banda che la mafia è una squadra di boy scout in confronto"
Fortuna vuole che un gruppo imponente come Volkswagen abbia riconosciuto il potenziale del marchio, acquistandolo per riportarlo nell'Olimpo delle Supercar.
Il video dura circa 20 minuti, ma ne vale veramente la pena!
Matteo Pedetti